Scrittura dei Micenei


Nella Grecia micenea (XVII - XII sec. a.C.) esistevano diversi tipi di scrittura e, probabilmente, anche per lingue diverse dal greco, come testimonia il Disco di Festo.
Prima di tutto, scritture geroglifiche, come, parzialmente, quella egiziana o l'odierna cinese: una parola/concetto = un segno. Di questo tipo di scrittura (incisa per lo piu' su tavolette di argilla) esistono pochi elementi ed e' tuttora indecifrata.
Poi ci sono tavolette in una scrittura sillabica (ossia : una sillaba = un segno, come l'odierno giapponese) denominata Lineare A, adoperata, ma non esclusivamente, dalla talassocrazia (potenza marinara; cf. Venezia) cretese fino al suo crollo per mano dei Micenei intorno al 1450 a.C.. I documenti sono piu' numerosi di quella geroglifica, ma non ancora sufficenti per iniziare una ricerca statistica e interpretare cosi' il contenuto. Solo il sistema di notazione dei numeri (decimale) e' noto,ed e' simile a quello della scrittura Lineare B. Recentemente si e' cercato di arrivare ad una, seppur parziale, interpretazione di alcuni testi in Lineare A, attribuendo a segni che appaiono anche nella Lineare B, il valore di questi ultimi: la lingua avrebbe diverse somiglianze con l' hurrita (vedi nota su Hurriti), attestando cosi' l' uso a Creta, in Grecia e anche in Medio Oriente (cf. Lachish) di una lingua amministrativa diversa da quella locale, ed eventualmente provando la presenza per lungo tempo di popolazioni mediorientali nell' Egeo (forse proprio gli Eteocretesi nella parte orientale di Creta, ancora in epoca storica). La scelta però di un "sillabario" da parte dei Minoici e di conseguenza dai Micenei, appare strana, considerando i rapporti con l' Egitto che, insieme agli ideogrammi ("geroglifici"), adoperava anche segni fonetici, alfabetici.
Bisogna poi menzionare una scrittura, anche questa apparentemente sillabica, chiamata Lineare C, adoperata a Cipro fino in epoca classica che non e' stata ancora completamente decifrata ma sembra essere uno sviluppo, tra l'altro, anche del Lineare A minoico.
Gli odierni tentativi di un'interpretazione almeno del valore dei simboli sembrano concentrarsi sistematicamente sul principio della acrofonia: per esempio la lettera A ha questa forma perchè nel primitivo alfabeto semitico (canaanita) la parola "ALIPH" = bue (una testa di bue originariamente coricata sul fianco) con la sua prima lettera "A" dà il valore fonetico del simbolo. Analogamente "BEIT" = casa (la pianta di un edificio visto dall'alto) fornisce il simbolo per la lettera "B" e "GAMAL" = cammello (propriamente una gobba di cammello) il simbolo per la lettera "G". Sembra tutto molto facile, ma se si passa a raffigurazioni di oggetti, vegetali o anche personaggi oggi non più identificabili, a distanza di 3.000 anni, la cosa diviene molto ma molto complicata. Questa strada viene percorsa anche per altri sistemi, con risultati al momento incerti..
Caratteri greci alfabetici vengono infine adoperati per scrivere una lingua presunta eteocretese in epoca classica (V sec. a.C.) nel Lassithi. Non so se siano stati effettuati studi per considerare questa lingua imparentata con quella scitta in Lineare A.
tavoletta

La tavoletta delle spezie

Sillabogramma -ka- su vaso

Il marchio del vasaio, forse gia' indipendente dal segno fonetico

Secondo alcuni una primitiva forma di pubblicità da parte dei produttori del contenuto (alimentare), col solo scopo di "dare l'impressione" che la produzione fosse effettuata nell'ambito del Palazzo, ma priva di ogni significato. Un altro esempio di scritta senza senso sarebbe la famosa ascia di Arkalokhori (Creta), questa volta con pseudo-significato religioso. Il problema dei pot-marks resta ancora aperto.

La scrittura Lineare B (vedi piu' sotto alcune regole di scrittura), dopo molti anni di ricerca di diversi studiosi, venne definitivamente "decifrata" nel 1952 da M.Ventris e J.Chadwick come una forma arcaica di greco. Decifrazione di grande valore scientifico perche' ottenuta senza l' aiuto di testi paralleli, come per esempio nel caso dei geroglifici egiziani della Stele di Rosetta. Ventris, un architetto inglese, cominciò dopo la guerra a studiare le note di lavoro di A. Kober che aveva notato nelle sequenze dei simboli delle "triplette" ossia sequenze di simboli con una radice comune e delle varianti finali. I tentativi di Ventris si rivolsero a diversi linguaggi antichi e, mentre stava provando delle coincidenze con l' etrusco, gli sembrò, come lui racconta, che una parola potesse essere tradotta col nome della città di Tylissos. Applicando i sillabogrammi così interpretati ad altre parole, molto presto arrivò alla traduzione di buona parte del sillabario miceneo (secondo altri studiosi, p.e. J.T.Hooker/Linear B, An Introduction, la scoperta fu il frutto della faticosa elaborazione delle "griglie" applicata a nomi che per la loro posizione potevano essere considerati "geografici" e a questi collegati, quindi non una casualità. Inoltre il nome "fatale" sembra essere stato Amnisos). Questa scrittura Lineare B e' quella che ha lasciato le tracce piu' numerose ed era diffusa solo in una parte ristretta dell' area della cultura micenea. Veniva scritta su tavolette di argilla per scritture contabili di palazzo oppure per registrare ordini militari o cerimonie religiose, e ci sono molti segni in Lineare B su vasi, con indicazioni sul possessore dell' oggetto (per esempio wanakatero: nel senso di "oggetto pertinente all' amministrazione del wanaka"), o incisi su pietre (forse pesi). Insomma era una scrittura solo amministrativa. (Sotto questo punto di vista la scrittura Lineare A dell' epoca minoica sembra aver avuto una maggiore diffusione: scritte su muri, anelli, pendant.., oltre a testi abbastanza lunghi di quelle che sembrerebbero formule religiose). Il ritrovamento pero' di tanti sigilli, sia del periodo minoico che miceneo, fa pensare che qualcosa dovesse essere sigillata: forse messaggi, come fino a qualche decennio fa da noi con la ceralacca.
A proposito di questa diversità di trattamento del Lineare B da quello A, è possibile che, visto la limitatezza con cui i greci micenei apparentemente trattavano la scrittura, nell' episodio mitologico del "pomo della discordia" citato più avanti come un' aggiunta di epoca classica, la frase "alla più bella" sia stata immaginata come scritta in Lineare A, scrittura applicata elegantemente nei testi religiosi. Il motivo della disputa tra Dee potrebbe essere così un eredità minoica!

Studiosi di linguistica riconoscrebbero nella lingua adoperata nei documenti micenei due "livelli": un miceneo "standard", una koine' , legata ai centri palaziali piu' importanti, e delle varianti locali, applicate da singoli "scribi". Ed e' interessante notare come le coincidenze con il greco classico siano piu' frequenti in queste varianti locali, testimonianza del fatto che solo questi "dialettismi" sarebbero sopravvissuti alla catastrofe totale del XII secolo, mentre la lingua ufficiale sarebbe appunto scomparsa con gli stati micenei stessi.

Finora non si sono trovate altre applicazioni della scrittura, ma e' anche probabile che se vi fossero state (per esempio letteratura o notizie storiche) queste sarebbero state scritte su materiale piu' deperibile (per esempio: papiro, pergamene o anche legno), quindi andato distrutto nel tempo.Ma questo e' un danno anche per l'analisi storica stessa: noi sappiamo di questa civilta' i nomi di pastori, artigiani,anche di animali (sempre registrati e contati sulle tavolette), e non si e' riuscito a trovare un solo nome di re (quello di Eteocle è l' eccezione che conferma la regola!), o condottiero, insomma niente da cui poter ricavare riferimenti e inserire, per esempio, la storia della Grecia di quei secoli nel panorama della storia medio-orientale e mediterranea (per citare un esempio: la corrispondenza tra gli Ittiti e gli Achei nel XIII secolo a proposito dei problemi riguardanti la presenza micenea in Asia Minore viene effettuata non direttamente tra i regni achei e l'impero ittita bensi' prevalentemente tra quest'ultimo e un certo Atpa di Mileto: il governatore acheo ma legato anche alle dinastie anatoliche e questa trattativa esiste solo negli archivi ittiti. Anche la cosiddetta lettera di Tawagalawa (gr. Eteocle) in cui il re ittita Hattusili III si rivolge al "re degli Achei", trattandolo come una persona di pari dignita' e facendo supporre una corrispondenza molto piu' antica, non esiste negli archivi micenei). Se si pensa alle biografie orientali scolpite su pareti di montagne o addirittura avvolgenti intere statue, questa mancanza della cultura micenea potrebbe forse far pensare a "divieti" religiosi, o, perlomeno, ad una fondamentale antipatia verso una scrittura percepita ancora, nonostante gli adattamenti, come "straniera". Certo è che la apparente mancanza di una storia scritta, come grave handicap culturale, a mio parere, può aver contribuito alla confusione nella gestione di una politica "estera" e in parte spiegare il crollo del sistema: impulsività e improvvisazione sembrano essere le caratteristiche delle tavolette di Pilo immediatamente precedenti la distruzione, come più diffusamente lo sfaldarsi dell' economia.
 La maggior parte dei documenti registra l'attività economica del Palazzo reale, che, sia in epoca minoica che in quella micenea in particolare, funzionava secondo il sistema di un' economia redistributiva : il Palazzo riceve i prodotti dei campi (come frutto di tassazioni) oppure anche, per esempio, metalli grezzi e lana, e restituisce alle diverse comunita' sparse per il territorio, razioni alimentari oppure bronzo o altri materiali per una successiva lavorazione sul posto, ma questo apparentemente senza un legame diretto nel senso di un compenso per i lavori. Esistono delle persone che nella letteratura inglese vengono qualificate come "collectors" (raccoglitori) che gestiscono circa il 30% dell' allevamento degli ovini e della produzione tessile ma senza una "qualifica" specifica in greco, che potrebbero essere identificati come intermediari o anche forse "imprenditori": le loro funzioni non sono ancora chiare. E' sicuro che le eccedenze di questa produzione servivano ad alimentare un fruttuso export di tessuti (1), oggetti in metallo lavorato, vasellame (diversi ritrovamenti fino nella Laguna di Venezia e nella Valle del Po) e vino. Sull' origine di questo sistema economico, cosiddetto "redistributivo", discute molto l' archeologia teorica: tra le altre ipotesi anche quella, per me improbabile, di un primitivo sistema spontaneo di "ammasso" da parte dei contadini. Comunque sia, la scrittura era il cardine su cui si reggeva il sistema. Leggo nella letteratura scientifica attuale riferimenti diretti alle economie palaziali mesopotamiche risalendo fino al periodo sumerico (III millennio a.C.), per esempio per quanto riguarda l'organizzazioni delle greggi oppure dell' attività mercantile: ma, se posso immaginare che i minoici abbiano genericamente "saputo" da viaggiatori che esisteva in oriente un sistema palaziale, non riesco a capire come un' organizzazione lontana nel tempo e nello spazio possa avere influenzato così radicalmente le abitudini economiche di un popolo: forse che i Minoici avevano "consiglieri" mesopotamici oppure avevano avuto contatti diretti con quei regni con usuale scambio di "doni" (eventualmente un pastore o un mercante)? Non credo che il rinvenimento di un sigillo cilindrico babilonese del XVIII sec. a.C. (ma forse ancora più antico) in una tholos vicino alla località di Platanos nella Creta occidentale (vicino quindi alla antica Kudonia, l'odierna Canea/Khania) basti a confermare questi rapporti, considerato anche un probabile uso del sigillo come amuleto. Malia.
Per quanto riguarda la civiltà micenea problemi politici e anche religiosi si intrecciano probabilmente con quello puramente economico, cosa che la avvicina alle cività medio-orientali (Tempelwirtschaft): donazioni, anche cospicue, di alimenti ai santuari rappresentano una delle voci ricorrenti nelle tavolette micenee.
Abbastanza sicuro e' che i Palazzi minoici dove sembra sia stato applicato per primo questo sistema ( per esempio Malia nella Creta orientale ) mostrano nella loro struttura architettonica molte affinita' con i grandi palazzi medio-orientali e egizi.
   Nella foto a destra la stanza ipostila del Palazzo di Malia di presunta influenza egizia.

In questa atmosfera di scambi "culturali" anche se in un contesto molto più tardo (LHIIIB ca.1200 a.C.) si collocherebbe il recente rinvenimento nella Cittadella Bassa di Tirinto del frammento di una bacchetta d'avorio con segni cuneiformi apparentemente di significato numerico. Secondo gli studiosi l'origine del frammento sarebbe ugaritica (Ugarit: città stato sulla costa siriana, oggi Ras Shamra), forse la testimonianza di una presenza diretta di mercanti medio-orientali in Argolide sino alle fasi finali della civiltà micenea, anche se una rondine non fa primavera..! Quasi certamente doveva esserci a Tirinto qualcuno che conosceva questo tipo di scrittura. Questo è il link al file pdf in inglese che tratta l'argomento: Cohen-maran-vetters e in cui si discutono ampiamente le varie ipotesi sull'interpretazione della scritta e dell'oggetto. Un'altra traduzione/interpretazione (Smith Duane) del frammento d'avorio sarebbe quella di essere stato parte di un oggetto (p.e. il manico di uno specchio) e quindi non un "documento" contabile ma un "dono" ("souvenir" di viaggio..!). Cercando "ugarit" nella versione inglese di Wikipedia si ricavano molte notizie riguardanti il periodo dei Popoli del Mare.

-----------------------

karoqoBipenne
Il sasso di Kafkania (forse un peso per bilancia o una "patacca" ?)
Sarebbe il documento piu' antico in Lineare B. Rinvenuto il 1 di Aprile 1994 a Kafkania (Olimpia), per il contesto in cui e' stato rinvenuto, viene fatto risalire al XVII secolo a.C. e cio' testimonierebbe non solo la presenza di genti elleniche gia' stabilmente insediate nel Peloponneso in quell' epoca, ma l' alto grado di civilta' di quest' ultime. Inoltre, se venisse confermata la datazione, questa collegherebbe l'ascesa della civiltà micenea col maremoto (con il conseguente annientamento della flotta cretese) e le distruzioni che, intorno al 1625 a.C., segnarono l'inizio della decadenza minoica. Una datazione quindi anteriore a quella sinora accettata (1450 a.C.) per la conquista micenea di Creta, provando così come anche sul continente le stirpi elleniche abbiano dovuto conquistarsi il territorio.
Il sasso porta incisa su una faccia la scritta KA-RO-QO :con buona probabilita' il genitivo di appartenenza di un nome di persona Charops, che ricorre anche nei poemi omerici. Una piu' recente e attenta lettura darebbe le parole: a-so-na/qo-ro-qa/qa-jo (Wikipedia). Si nota il contrasto tra la scrittura micenea in Lineare B su un lato e l' elemento minoico con la doppia ascia sull' altro. Il rinvenimento e' strano anche a causa della apparente lontananza da grandi Siti palaziali, dove, ed esclusivamente, veniva applicata la Lineare B. In ogni caso non viene escluso neanche un possibile imbroglio.
Recentemente (Marzo 2011) è stato rinvenuto nella località di Iklaina (Iklena) vicino Pilo un frammento di tavoletta accidentalmente cotta dal fuoco con la scritta in Lineare B  ko-wo-a, con una possibile traduzione, secondo gli studiosi, di "preparati" o "lavorati" : un participio perfetto n. pl. del verbo teukho quindi te-tu-]ko-wo-a con l'inizio della parola prima della frattura della tavoletta. Seguono forse segni numerici. Il frammento verrebbe fatto risalire al 1350-1450 a.C. e sarebbe così, prescindendo dal dubbio ritrovamento di Kafkania, uno dei più antichi esempi di scrittura in Lineare B. Forse un nuovo Poisson d'Avril? Sul WEB altri particolari sugli scavi nella zona guidati dal Prof. M. Cosmopoulos.
Stele in Atene
Stele in Nafplio
Due lapidi sepolcrali dai Circoli funerari di Micene: la prima (a sin.) ora esposta al Museo Nazionale ad Atene,la seconda lapide presso il Museo Archeologico di Nauplia (Nafplio in gr. mod.), con uno stereotipo di scena raffigurante il defunto in una azione guerresca sul carro o a cavallo. Le lapidi sono prive di dedica e cio' contrasta con l' usanza quasi universale ( Americhe comprese ) di scrivere il nome del personaggio e le sue prerogative dove sia testimoniata l' esistenza di una scrittura.
-------------------------------------
Nell' Iliade di Omero una menzione dell' uso della scrittura e' contenuta in un episodio del sesto libro dal carattere abbastaza torbido : Preto, istigato da sua moglie Antea che, invaghitasi di Bellerofonte, era stata da lui respinta, manda il giovane in Licia da suo suocero, con l'ordine di mostrargli una tavoletta con -segni funesti- perche' si uccida lo stesso Bellerofonte.


-..e lo mando' nella Licia , gli diede segni funesti, molte parole di morte tracciando su duplice tavola...-
Bellerofonte, ma anche Omero quindi, se si crede alla sua sincerita', non conosceva la scrittura. Ma poi di quale scrittura parla qui Omero ? Una delle diverse scritture sillabiche o geroglifiche in uso nell' Era micenea, oppure parla gia' di quella alfabetica, che nel VII secolo incominciava ad affermarsi nel bacino del Mediterraneo ? Ancora una volta ci si trova di fronte all' ambiguita' del Poeta. A meno che non sia questo un accenno ad una scrittura "cifrata".. 
Il Libro VI dell' Iliade, daltronde, e' considerato da molti commentatori un' aggiunta posteriore per inserire l' episodio dell' incontro tra Ettore e Andromaca, forse cantato in qualche altro poema: servivano questi versi sulla -scrittura- a dare una patina di antichita' ad una versione popolare piu' recente ? Tuttavia la comparsa della scrittura nell' episodio che da origine alla guerra di Troia: la mela d'oro scagliata dalla dea Eris in mezzo alle Dee con la scritta "Alla piu' bella", sembra proprio un' aggiunta di epoca classica.
In ogni caso i poemi omerici sembrano anche, in qualche modo, legati alle origini coppa di Nestore della scrittura alfabetica. Cosi' risulterebbe dalla scoperta nella necropoli di San Montano (Ischia) di frammenti di una coppa rodia databile alla seconda meta' dell' VIII secolo a.C. con graffiti dei versi in cui si parla della coppa di Nestore. Secondo alcuni studiosi addirittura gli stessi poemi potrebbero essere stati la causa dell' adozione, sotto influenza orientale, dell' alfabeto. Forse e' piu' di una semplice coincidenza che la tradizione greca abbia posto al 770 a.C. l'inizio della celebrazione dei Giochi Olimpici, simbolo dell' unita' della Grecia.

Un esempio infine della distanza che separa Omero (quel poeta che dopo l' VIII secolo a.C. mise mano ai poemi) dai testi in Lineare B (cito dal libro di Hiller e Panagl): nei poemi omerici viene adoperato un aggettivo dinotos  riferito ad oggetti col significato di "ben lavorato", "splendido". In realta' il verbo -dino_- (qwin), da cui deriva, nell' epoca micenea indica l' azione di -ornare con pittura, con intarsi-. Omero ha perso ormai il significato tecnico della parola: la sua e' una ripetizione di stereotipi poetici della lingua degli aedi. Inoltre e' opinione degli studiosi che una immediata -trascrizione- dell' Iliade e dell' Odissea in greco miceneo sarebbe impossibile. Non è da escludere che i Micenei abbiano seguito riguardo i documenti pubblici una "doppia strada": mnemonica e scritta (ricordo come esempio la Dichiarazione della Vittoria nella Guerra 15-18 del Gen. Diaz, ripetuta migliaia di volte in lapidi pubbliche e fatta imparare a memoria nelle scuole!). Come conferma di questa obiettiva necessità di sicurezza dei "dati" da registrare si nota nelle tavolette la "doppia" scrittura prima in caratteri sillabici e a seguire l'equivalente in ideogrammi!
Novita' !  Sembra che recenti studi sui testi omerici abbiano portato un cambiamento in questa che era sinora un' opinione corrente degli studiosi: ossia effettivamente il testo greco sarebbe adattato da una precedente versione risalente addirittura all' epoca micenea . Prova di questo sarebbe anche la ricostruzione di diversi genitivi in -oio e la restituzione del F (=w) ossia del digamma a parole che nella versione ultima dell' Iliade (quella in dialetto ionico di Omero) ne erano state private, con cui la scansione metrica del verso non verrebbe alterata. Una conseguenza di questa precoce datazione dei poemi omerici sarebbe l'apparente paradosso di essere stati composti "prima" che i fatti della gurra di Troia avvenissero ! (vedi la nota sull'affresco di Tera alla pagina  Nobili,Notabili..
pushCome hanno potuto i Leoni..?
pushUna Dea nella Grecia..
pushNobili,notabili..
pushRitorna alla pagina iniziale..

1.
Forse l'espressione pawea kesenuwija = pawea, ossia "tessuti (per gli) stranieri", che ricorre diverse volte nelle tavolette che riguardano la produzione di tessuti, e' una traccia di questo ramo dell' economia micenea. In generale si puo' dire che con i collegamenti via mare e il sistema del baratto i Micenei riuscivano a procurarsi non solo beni indispensabili alle necessita' piu' elementari (rame e stagno per fare il bronzo) ma anche materiali piu' nobili per una successiva lavorazione artistica e commercializzazione come l'avorio dalla Siria (di rinoceronte) e l'oro (l'origine dell' abbondante oro miceneo e' ancora oggetto di analisi) per la produzione di articoli di lusso da esportare nel Mediterraneo ed anche oltre.
..ritorna a tessuti..push
Ortografia Micenea
Ecco alcune regole della scrittura sillabica Lineare B:
Esistono solo sillabe aperte formate da sole vocali o dall' unione consonante+vocale (con alcune probabili eccezioni per rappresentare forse gia' suoni -greci-), e le parole greche vengono adattate per poter essere scritte in questo sistema: per esempio greco pro = miceneo po-ro, gr. potnia[signora] = mic. po-ti-ni-ja con epentesi(ripetizione)della vocale della sillaba successiva, oppure soppressione di una consonante, per esempio: gr. khalkeis/khalkees [fabbri, oppure khalkei dativo "al fabbro"] = mic. ka-ke-we.
I suoni p,b,ph e corrispondentemente k,g,kh vengono scritti con un unica sillaba, ossia non viene notata la differenza tra sorde, sonore e aspirate per le consonanti gutturali e labiali mentre vi sono segni differenti per t e d.
Non viene notate la differenza tra i suoni l ed r cosi' come le consonanti doppie vengono scritte come semplici.
Esiste ancora il Digamma w, un suono labiovelare q, e la semivocale j, che spariranno o verranno trasformate in epoca classica. Infine non viene notata la differenziazione per lunghezza delle vocali omicron/omega e epsilon/eta, così come non vengono scritte consonanti in fine di parola.
Esistono alcune interessanti teorie sulla divisione in sillabe effetuata dagli scribi micenei, cosi' come vi sono stati degli studiosi che hanno affermato che il greco era pronunziato cosi' come era scritto. Ciononostante si puo' affermare che, a distanza di 50 anni dalla decifrazione esiste una quasi completa certezza sul sistema di scrittura. E' immediata l' impressione che quest'ultimo sia stato adottato da una lingua diversa dal Greco, dotata appunto prevalentemente di sillabe aperte e che non conosceva la differenza di lunghezza delle vocali, lingua forse celata sotto la precedente Lineare A. Ritrovamenti di tavolette in Lineare B a Creta risalenti al XV sec a.C. attribuirebbero a scribi minoici questi adattamenti (e semplificazioni fonetiche) del Lineare A al greco, ma il sasso di Kafkania del XVII secolo sul continente riporterebbe la questione ad una iniziativa greca. Il Lineare B d'altronde sembra essere stato, per lo meno in parte, il frutto di una elaborata evoluzione in cancellerie "palaziali": per esempio la sistematica apparizione di un segno semivocalico j frutto solo della artificiosa scomposizione delle parole (sotto dettatura ?): nella parola po-ti-ni-ja il segno ja alla fine della parola non ha nessuna corrispondenza nella parola effettivamente pronunciata potnia: una "pedanteria" da scuola scribale..!
La domanda se questa "macchinosita'" della Lineare B micenea sia stata un prodotto spontaneo o non piuttosto una soluzione imposta da eventuali dominatori minoici, specialmente considerando che questo greco arcaico aveva una maggiore ricchezza fonetica e forse grammaticale del greco classico (p.e. si pensa che in quell' epoca il caso Dativo plurale conservasse ancora una differenziazione morfologica tra il significato "strumentale" e quello "locativo/ablativo"), penso restera' insoluta finche' non si sara' interpretata la lingua che si cela sotto la Lineare A minoica. Detto in parole più semplici: era possibile che dei Greci avessero effettuato quelle semplificazioni essendo il sistema "Lineare B" abbondantemente deficitario rispetto al vasto patrimonio fonetico indoeuropeo? Spesso le parole sillabate sono seguite dall' "ideogramma" corrispondente ad evitare possibili interpretazioni multiple, cosa particolarmente pericolosa in documenti contabili!

..ritorna a Scritture della..push
----------------
.."straniera"
Si puo' pensare che, dopo il loro arrivo in Grecia agli inizi del II millennio a.C., le varie popolazioni di stirpe ellenica abbiano trovato queste terre in parte gia' occupate da popolazioni minoiche con cui siano venute in contrasto violento e a cui si siano dovute sottomettere. Da qui presumibilmente la leggenda del Minotauro. Nella Mitologia si narra come gli Ateniesi dovessero pagare ogni anno un tributo di sette fanciulle e sette fanciulli a Minosse, re di Creta, che venivano poi dati in pasto a un mostro con la testa di toro e il corpo di uomo, il Minotauro, che dimorava nel Labirinto. Teseo riusci' poi con l'aiuto di Arianna, la figlia di Minosse, ad uccidere il mostro e ad uscire dal Labirinto.
..ritorna a .."straniera". push
----------------
Hurriti
Gli Hurriti, una popolazione di una lingua agglutinante probabilmente nord-caucasica, affine come struttura al sumero o all'odierno georgiano, originari dell' Anatolia e imparentati col popolo di Hatti, sin dal III millennio a.C. vengono citati da fonti Sumere e Accadiche come residenti nella regione che va dall' alto Eufrate fino alla costa siriana. Con i Mittanni, il gruppo più rappresentativo e di cui l'élite e molte divinità portavano nomi Indo-Aryani, diventarono nel corso del II millennio una delle potenze politiche della regione mediorientale (Wikipedia). La loro capitale era Washukanni (nome che significa "bella sorgente" e sopravvive anche in una versione curda Sikan) ed a tuttoggi non è stata ancora individuata. Nonostante le affinita' culturali e religiose con gli Ittiti di cui rappresentavano una componente e in seguito con gli Egiziani, restarono schiacciati dalla lotta tra queste nazioni. E' probabile che, forse come mercenari, siano intervenuti direttamente nelle guerre condotte dall' Egitto contro popolazioni "asiatiche" (Canaaniti) al fianco di queste ultime. Dopo la battaglia di Qadesh nel 1284 a.C. finisce ogni traccia ufficiale di uno stato hurrita, con un assoggettamento da parte degli Assiri dell' alta valle del Khabur. Si e' anche pensato che gli Hyksos, una popolazione nomade proveniente da Oriente che domino' l' Egitto fino al 1570 a.C., fossero di origine hurrita. Ipotesi questa ora in declino, preferendo chiarire le loro affinita' con la cultura hurrita con un comune 'background' culturale medio-orientale. Le ultime tracce di una cultura hurrita possono essere trovate nel regno di Urartu vicino al Lago di Van.
..ritorna a somiglianze con l' hurritapush